La Mia White Fence

Dalla White Fence di Paul Strand alla Staccionata rotta di Michael Ormerod, passando per la Panchina rotta di Andre Kertész, senza dimenticare la Panchina, di Edward Weston.
Cos’è che collega queste foto fra loro?
Geoff Dyer nel suo bel libro L’Infinito Istante traccia una linea, un filo conduttore che unisce queste fotografie.
Usa circa cinque pagine del suo libro per descrivere questo legame.
Riporta molte informazioni riguardanti gli autori e il loro processo evolutivo che li spinse a scattare queste foto che a prima vista potrebbero sembrare banali.
Paul Strand, White Fence, Port Kent, New York, 1916

Per esempio guardiamo la foto di Strand, White Fence.
A chi verrebbe in mente di fotografare una staccionata di legno?
Che cosa la rende interessante?
E’ una bella foto?
No, l’ultima domanda è posta male!
Non è rilevante che la foto sia bella o meno, l’importante è che abbia in se una forza comunicativa.
Lo stesso Strand spiega il perché scattò quella foto.
“Perché scattai quella staccionata bianca a Port Kent nello stato di New York nel 1916?
Perché era la stessa staccionata ad affascinarmi. Era così viva, così americana, un vero e proprio pezzo del paese. Non si potrebbe mai trovare una staccionata come quella in Messico o in Europa. …”
Quello steccato rappresentava uno dei tanti simboli dell’America di quegli anni.
Strand comprese che White Fence avrebbe gettato le basi sulle quali si sarebbe poggiato in futuro tutto il suo lavoro di fotografo.
Ma non solo, un critico disse anche che questo modo di fotografare avrebbe influenzato in seguito la miglior fotografia americana.

Michael Ormerod, Untitled, senza data.

Ecco trovato il legame con la foto di Ormerod, un inglese nato nel 1944, che dopo la laurea andò in America e iniziò a fotografare, probabilmente sulle orme di Robert Frank, ma che purtroppo morì nel 1991 in un incidente d’auto mentre stava facendo un servizio fotografico in Arizona.
Quasi certamente Ormerod conosceva la foto di Strand, e la sua foto della staccionata rotta, scattata negli anni ottanta, è con tutta probabilità un omaggio e un contributo alla tradizione della fotografia Americana.

André Kertész, Broken Bench, New York, 20 september 1962.

Dalla staccionata rotta di Ormerod il filo conduttore ci porta alla panchina rotta di Kertész.
Andre Kertész era in qualche modo attirato dalle panchine per le loro intrinseche caratteristiche.
Le panchine, in certi momenti, anche in base al nostro stato d’animo, suscitano, tristezza, rassegnazione.
Rappresentano un luogo dove fermarsi per isolarsi dal mondo, un luogo dove sedersi a riflettere o lasciarsi andare alla malinconia.

Beh … non è sempre così.
Però proviamo ad immaginare una panchina nel parco con una persona anziana seduta, non sto neanche a dire qual’è il pensiero che viene subito in mente.
Oppure una panchina in una stazione con delle persone che aspettano con impazienza un treno o un autobus, mentre vorrebbero essere in viaggio o già sul luogo di arrivo.
Crea insomma una sorta di frustrazione.
Lo stare seduti su una panchina in attesa, da l’idea del provvisorio, della precarietà.
Ora sono qui ma tra poco me ne andrò, sembra quasi un’attesa impaziente della morte.
Ecco questo era quello che voleva trasmettere Kertész con la foto della panchina rotta.
Queste considerazioni che Dyer fa, nascono dal fatto che la foto è costruita.
Kertész prepara la scena come un regista di teatro.
Le due donne sullo sfondo sedute su una panchina sono Elizabeth la moglie del fotografo con una amica e l’uomo di spalle che guarda la panchina é Frank Thomas, il socio di Elizabeth nella ditta di cosmetici, che oltretutto è cieco.
Praticamente Kertész ” aveva sistemato le cose per dare alla fotografia il rimando simbolico che desiderava.” [Geoff Dyer]

Per l’ultima immagine il nostro filo conduttore fa un’inversione di marcia, torna indietro nel tempo fino al 1944 e ci mette davanti agli occhi la foto di Edward Weston, Bench, Elliot Point, considerata
“… l’immagine più significativa della fase finale della sua lunga carriera …”
” … difficilmente potrebbe esservi qualcosa di più semplice: la veduta frontale di una panchina rotta.” [Geoff Dyer]Edward Weston, Bench, Elliot Point,1944

Inoltre l’autore del libro vede in questa panchina rotta, con un giornale abbandonato, isolata da tutto il resto, una identificazione con Weston stesso.
In quel periodo il fotografo incominciava già a sentire i sintomi del morbo di Parkingson, la malattia che gradualmente gli avrebbe impedito di continuare a fotografare.

A questo punto non mi resta che allegare il mio piccolo contributo a conclusione di questo spero interessante “articolo”.

Mi sono sempre chiesto se un giorno avessi mai trovato da qualche parte la mia White Fence, o la mia Broken Bench da immortalare.
Eh sorpresa delle sorprese, qualche giorno fa, senza andare tanto lontano da casa, all’improvviso mi sono trovato davanti la mia Bianca Staccionata.
Ecco qui, il mio modesto omaggio a questi fotografi che hanno fatto la storia della Fotografia.

Franco Del Conti, Bianca Staccionata, Castano Primo, MI, Aprile 2018. 😉  😉  😉

Come premio a chi è riuscito a leggere tutto fin qui riporto i dati completi di questo interessante libro.
L’infinito Istante. Saggio sulla fotografia di Geoff Dyer, Einaudi.

Ciao a tutti.